Come saranno le città tra vent’anni? Quasi tutti i demografi sono concordi: sempre più persone, nel mondo, sceglieranno di abitare nelle città. Conglomerati urbani, metropoli, megapoli: il destino dell’umanità sembra legato a doppio filo alle aree urbane, destinate a breve a cambiare e trasformarsi. Ne abbiamo parlato con l’architetto Antonio Venturato, cooprogettista del piano PEEP di Altichiero di Padova dove le cooperative del Consorzio Cerv hanno realizzato e stanno realizzando programmi costruttivi.

Architetto Venturato, come cambieranno le nostre città?

Su questa tematica, indubbiamente molto interessante, si sono prodigati architetti-urbanisti ed artisti, basti pensare al Movimento Futurista di Marinetti e Boccioni cui aderì anche Antonio Sant’Elia, ma anche scrittori e filosofi come Italo Calvino ed Isaac Asimov, solo per citarne alcuni, o geniali visionari come Elon Musk e credo che ciascuno di noi abbia, almeno una, volta provato ad immaginare la città del futuro.

Anzitutto va detto che le metamorfosi urbane, soprattutto nel nostro paese, sono un processo molto più lento e complesso di ciò che si pensa, pertanto le trasformazioni cui assisteremo saranno molto lente e graduali e i modelli futuribili della città probabilmente cambieranno prima che essi possano essere stati realizzati. Basti pensare, ad esempio, alla città del futuro immaginata da Ridley Scott nel 1982 in Blade Runner che oggi appare un modello, fortunatamente, superato.

A prescindere dalla forma e dalla dimensione che la città potrà assumere, senza dubbio la sua trasformazione dovrà passare attraverso una rigenerazione urbana sostenibile.

Cosa si intende per rigenerazione urbana?

Molto spesso si sente parlare di Rigenerazione Urbana e le definizioni in merito sono le più svariate e argomentate. Sostanzialmente potremmo riassumere la questione dicendo che si tratta di un processo di recupero di parti della città particolarmente degradate, come ad esempio alcune periferie o alcuni siti industriali, attraverso un processo, condiviso, di riqualificazione non solo dal punto di vista edilizio ma anche sotto l’aspetto ambientale e non ultimo sociale.

La rigenerazione Urbana sembra essere un’innovazione dell’urbanistica recente, in realtà non vi è nulla di nuovo in quanto questo processo nella città storica è sempre avvenuto in modo graduale e continuo, la città era una sorta di organismo vivente in grado di rigenerare le proprie cellule, costituite da edifici, che venivano incessantemente demoliti e ricostruiti, spesso riutilizzando gli stessi materiali e ciò che veniva eretto aveva sempre una precisa funzione, serviva a dare nuova vita alla città.

Le città hanno perso questa capacità straordinaria di autorigenerarsi quando il processo costruttivo non è più stato legato ai veri bisogni dell’uomo, ma è stato teorizzato in un’ urbanistica astratta che spesso ha creato quartieri dormitorio o distretti dell’economia, zone commerciali o zone monofunzionali spesso isolate dal tessuto urbano, che una volta dismesse, per i più svariati motivi, hanno creato un vuoto, dei “non luoghi”, una cicatrice profonda nel delicato tessuto urbano. Inoltre lo sviluppo edificatorio è stato spesso asservito a logiche speculative basate più sull’economia finanziaria che su quella reale.

Perché questo tema è così importante oggi?

Il motivo per cui è necessario parlare di rigenerazione urbana è che si deve considerare concluso il ciclo storico postbellico che, in nome della ricostruzione e di un’urbanistica ideologica e di un facile profitto immobiliare, ha gravemente danneggiato il territorio con un’espansione tanto diffusa quanto irrazionale, che oggi non è più ammissibile.

Ci si è resi conto che il suolo e le fonti energetiche sono una risorsa limitata che deve essere gestita al meglio, le città del futuro dipenderanno dalle azioni che noi oggi sapremo intraprendere. La preziosità del suolo, inteso come servizio ecosistemico e servizio culturale, unita alla sua fragilità, hanno reso necessaria una seria riflessione sulle dinamiche insediative legate all’antropizzazione, ma anche alle pratiche agricole in generale.

Va ricordato che per quanto riguarda il nostro paese, in particolare nelle zone del “Corridoio 5” che passa da Trieste a Torino, il consumo di suolo ha raggiunto livelli davvero elevati, e va detto che nonostante la crisi economica, che ha sicuramente attenuato gli effetti, il fenomeno è comunque ancora in corso.

Per citare alcuni dati di sintesi in Giappone la densità media è di 343 abitanti /Kmq, nel Regno Unito è di 266 abitanti /Kmq, in Italia si scende a 261 ab/Kmq, ma analizzando il dato regionale la Lombardia tocca i 419 ab /Kmq e il Veneto arriva a 266 ab/kmq. Non a caso già a partire dal 2006 la Comunità Europea ha tracciato un percorso di tutela del paesaggio e del suolo inteso come ecosistema con il “Report on the implementation of the Soil Thematic Strategy and ongoing activitie”, che pone come obiettivo per il 2050 il sostanziale azzeramento di consumo del suolo.

Tale strategia ha dato il via ad un lungo percorso, iniziato alcuni anni fa a livello embrionale, che si è sviluppato in modo esponenziale incontrando, a livello culturale, una sensibilità sempre crescente verso le tematiche ambientali.

Non ultima la Regione Veneto ha approvato la Legge Regionale n°14 del 06 giugno 2017  intitolata “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio“, che, pur essendo una legge sostanzialmente “derogatoria”, di fatto pone in chiaro gli obiettivi del prossimo futuro e apre il cammino di una potenziale rivoluzione urbanistica. Alcuni aspetti dovranno essere chiariti dal Legislatore, ma possiamo già intuire che le nostre città cambieranno in modo significativo.

Come è cambiato l’approccio alla progettazione urbanistica?

A livello urbanistico gli strumenti di gestione ed indirizzo si sono notevolmente evoluti , passando da “semplici campiture” a strumenti estremamente sensibili e sofisticati dove le tematiche geomorfologiche, idrologiche, paesaggistiche ed ambientali sono diventate fondamento di un corretto processo di pianificazione del territorio.

Tuttavia quando si parla di processo di rigenerazione urbana sostenibile bisogna pensare ad un’azione molto più complessa e completa che porta alla necessità di attivare progetti sinergici che coinvolgano diverse discipline specialistiche e non deve essere trascurato il ruolo attivo che anche i cittadini possono avere.

Esistono esempi di rigenerazione urbana?

In questo campo la pratica è molto più complessa della teoria, soprattutto se parliamo di rigenerazione urbana nella sua vera accezione. Rigenerare un intero quartiere o una zona estesa della città non è affatto semplice soprattutto se si tratta di quartieri con edifici abitati e dove la proprietà è estremamente frazionata. A livello nazionale fino ad ora è stato fatto poco, per lo più gli interventi sono stati promossi dalle agenzie pubbliche e hanno riguardato principalmente la ristrutturazione di edifici.

Tuttavia in Europa esistono alcuni esempi significativi di rigenerazione urbana come ad esempio il King’s Cross Central a Londra che da area degradata intorno ad una vecchia stazione, è diventata una nuova parte vitale della città. Oppure possiamo citare il quartiere a Sud di Lille a Parigi che da uno dei due distretti più poveri della città, composto da appartamenti fatiscenti che sono stati costruiti negli anni settanta, è stato trasformato in un nuovo quartiere con servizi pubblici, spazi aperti e verdi e strade come luoghi per la vita della comunità.

Invece quello che penalizza la pratica della rigenerazione urbana in Italia è l’estrema diffusione della proprietà privata, basti pensare che secondo i dati Istat 2017 ben l’80% degli Italiani possiede una casa in proprietà, mentre in altri paesi come la Francia e il Regno Unito questa percentuale scende al 60% circa mentre in Germania addirittura al 50%.

In un prossimo futuro probabilmente se cambierà anche in Italia il concetto di abitare che sarà inteso non più come possesso di un bene, ma come utilizzo di un servizio che sarà calibrato sulle esigenze del singolo individuo o della famiglia e che potrà essere adattabile e flessibile nel tempo, sarà più semplice gestire progetti di rigenerazione a scala urbana.

Quali opzioni esistono allora per incentivare la rigenerazione ?

Alcuni tentativi sono stati fatti dal punto di vista normativo attraverso piani centrali o bandi creati allo scopo, che però non hanno riscontrato grande interesse da parte dei developer. Credo che un percorso possibile debba partire anzitutto da un’attenta analisi del territorio, delle sue fragilità e dei suoi bisogni, per passare poi attraverso una progettazione integrata in grado di coinvolgere diverse professionalità, i gestori pubblici, gli investitori privati e anche i cittadini, e dove la qualità dell’architettura deve essere elemento fondamentale e catalizzatore di interessi.

Sicuramente possono avere un ruolo importante anche gli incentivi fiscali o i meccanismi di perequazione, tuttavia ritengo che in alcune circostanze, soprattutto in presenza di un degrado diffuso ed esteso ad interi ambiti urbani caratterizzati da una molteplicità ed eterogeneità della proprietà privata, l’intervento e la finanza pubblica siano necessari per creare i primi nuclei di riqualificazione architettonica, infrastrutturale e sociale, in grado di captare poi i capitali privati necessari.

L’attuale configurazione del sistema economico è tale per cui gli investimenti nel settore edilizio e spesso infrastrutturale, devono necessariamente attingere a capitali privati che per loro natura potranno essere attivati solo a fronte di una reddittività attesa dell’investimento, di un certo livello.

La vera sfida per il futuro?

Certamente gli scenari futuri che riguardano le città possibili passeranno attraverso una metamorfosi urbana che non potrà prescindere dalla logica del riuso e dal confronto con l’immenso patrimonio culturale che caratterizza il nostro paese. Ogni città ha una sua peculiarità, potremmo dire una sua “anima”, che deriva dalla sua storia, dal suo legame con il territorio, dalla sua cultura, dalla coscienza collettiva dei propri abitanti e dalla loro consapevolezza di vivere in un preciso contesto frutto delle innumerevoli azioni dei propri padri.

La vera sfida per gli architetti e urbanisti, gli amministratori pubblici, i developer e tutti i soggetti coinvolti nel processo di trasformazione della città, sarà riuscire a garantire alle generazioni future quello che Salvatore Settis definisce il “diritto alla Città” intesa come luogo privilegiato dell’abitare e dello svolgersi della vita civica e sociale, luogo unico e irripetibile, lontano dal pericoloso modello di un’ anonima standardizzazione che già troppo spesso si è manifestata in aberranti e indistinguibili periferie. Solamente attraverso il recupero della memoria e uno sguardo rivolto ai veri bisogni dell’uomo la Città potrà ritrovare il proprio spirito e ricostruire il proprio futuro.

In conclusione come sarà la città del futuro?

Certamente le città del futuro saranno “città sostenibili” costituite da edifici ad impatto energetico nullo o addirittura positivo, grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili, inoltre saranno edificate con materiali completamente riciclabili o rinnovabili. Dal punto di vista morfologico prevarrà lo sviluppo verticale, con il conseguente effetto di ridurre il consumo del suolo e aumentare la risorsa degli spazi a verde disponibile. La mobilità urbana sarà rivoluzionata da mezzi di trasporto non inquinanti, a moduli variabili, connessi tra loro con sistemi di smart mobility e in grado di spostarsi nelle tre dimensioni.

Vivremo in città dotate di sistemi automatizzati di smaltimento dei rifiuti che saranno trattati e completamente riciclati, in città tecnologiche, connesse e servite da automi che svolgeranno innumerevoli funzioni al nostro posto. Sostanzialmente vivremo in città più silenziose, meno inquinate, accessibili e più verdi. In questo scenario positivo della città futura sarà ancora più delicato, soprattutto nel nostro paese, il rapporto con la città storica e la sua identità, e in questo senso il ruolo degli architetti e urbanisti diventa fondamentale poiché è necessario saper valorizzare la bellezza della città storica e al tempo stesso saper creare nuova bellezza per la città futura.

Infine sono convito che la vita nella città del futuro potrà essere migliore se l’evoluzione del modello fisico urbano andrà di pari passo con lo sviluppo di un modello sociale qualitativo e adeguato, dove il cittadino deve sentire la propria appartenenza ad una città dotata di una propria identità e che pone al centro del proprio sviluppo i bisogni della collettività. Non va dimenticata, infatti, quella che è stata l’origine delle città, ossia la necessità di rispondere ai bisogni di protezione, di servizi, di scambi commerciali e non ultimo di socialità da parte dell’uomo.