Città, quartieri, periferie e campagne: cosa cambierà e come cambieranno le nostre case

Chi acquista casa, di solito, ha l’obiettivo più che ragionevole di trascorrervi gran parte della sua vita futura. In genere, almeno vent’anni. Ma in vent’anni le cose cambiano, soprattutto in un territorio, come il nostro Veneto, in cui in poco tempo villette comprate o fatte costruire nel bel mezzo della campagna si sono ritrovate circondate da condomini e palazzine, o interi centri storici si sono ritrovati svuotati.

È importante dunque non solo scegliere dove comprare casa, ma sapere come muterà il territorio su cui questa si trova. Sul futuro delle nostre case e sui fattori da valutare prima di decidere dove andare ad abitare abbiamo chiesto consiglio a Claudio Pianegonda, presidente di Federabitazione Veneto.

Come sarà il nostro Veneto tra vent’anni? Quali sono i trend futuri?

Nel Veneto, ma anche in altre parti d’Italia, non ci sarà più un’espansione edilizia di tipo quantitativo come c’è stata a partire dal dopoguerra, e questa è una cosa positiva. Ciò avviene per una ragione molto semplice: non cresciamo più.

Non possiamo parlare di attività edilizia senza parlare di demografia e dell’andamento dei nuclei familiari. Da alcuni anni, semplicemente, la popolazione veneta non cresce. Si invecchia sempre di più, non pochi giovani veneti vanno a lavorare all’estero e meno stranieri si stabiliscono nella nostra Regione.

Ben che vada, salvo sconvolgimenti, il numero dei veneti e dei nuclei familiari dovrebbero restare costanti. Questo comporta che la richiesta di una casa non sarà elevata e quindi l’attività di espansione edilizia, va detto anche per gli alti oneri fiscali – si ridurrà, o addirittura si fermerà del tutto, specie se a livello fiscale e legislativo verranno privilegiate le operazioni di rigenerazione urbana e la riqualificazione integrale degli immobili.

Nel futuro, dunque, si rigenererà e si riqualificherà. Resteranno zone di degrado, vicino a grandi strade o stazioni ferroviarie, e verranno sempre più abbandonati i vecchi edifici non più adatti alle nuove esigenze. Per scegliere casa è bene informarsi sulla storia del luogo, sulla presenza o ripropoposizione periodica di eventuali problematiche ed esaminare attentamente le previsioni urbanistiche e della viabilità, e capire, per esempio, se certe attività vicine possano ostacolare il carattere residenziale di ciò che vogliamo comprare. Dato che l’offerta di immobili in vendita non diminuirà nei prossimi anni, manterranno il loro valore quelli con ottima posizione, buon orientamento, gradevole aspetto estetico e funzionale e anche quelli rispondenti alle norme di sicurezza e di efficienza energetica.

Cosa si deve attendere chi acquista casa in un centro storico di questi tempi?

Dipende. Non ci saranno problemi nei centri storici con importanti opere di arredo urbano, dove le attività commerciali sono rimaste insediate, dove la popolazione è rimasta a vivere e dove, soprattutto, sono state realizzate le necessarie opere di adeguamento alle nuove esigenze di qualità dell’abitare con ristrutturazioni degne di questo nome.

Ma c’è da dire, però, che tanti centri storici hanno perso molti abitanti, vuoi per l’alto prezzo delle case, vuoi per la fuga dei servizi, dei negozi e delle istituzioni da quelle che sono le zone più anticamente abitate delle città. Il sotto-utilizzo degli immobili e l’alta percentuale di popolazione anziana può generare alla lunga fenomeni di degrado e problemi molto gravi per la qualità della vita. Queste situazioni vanno poi ad incidere sull’andamento dei prezzi delle case.

Le città, almeno in Veneto, assistono a un fenomeno curioso: le giovani coppie non hanno i soldi per stabilirsi in esse, e così, il più delle volte, sono costrette ad andare a vivere nei comuni vicini. Cosa si deve tenere conto al riguardo?

Molti comuni della cintura hanno risposto adeguatamente a questo trend e sono riusciti a dotarsi di servizi come scuole, spazi verdi, strutture sportive, in modo tale da non trasformarsi in “quartieri dormitorio”. Questo fenomeno, del quale ci accorgiamo a partire dal traffico del mattino e della sera lungo le statali, è destinato a perdurare. Molto raramente questi giovani potranno tornare in città, e poi c’è chi per scelta ha abbandonato l’appartamento vicino al centro per andare a vivere in una villetta con ampio giardino nei comuni vicini. Ma è proprio in queste aree urbane, formate da città, quartieri residenziali e comuni vicini, che vive già adesso più dei due terzi della popolazione europea. E si tratta di una percentuale in crescita. Queste aree stanno anche assumendo un ruolo come fattore di sviluppo, di competizione e anche di coesione sociale.

Le periferie… Come sono destinate a mutare?

Dipende di che periferie parliamo. Ci sono quartieri realizzati nell’immediato dopoguerra, ormai inglobati alla città, altri realizzati negli anni ottanta e altri persino più recenti. Ci sono periferie cresciute spontaneamente senza una adeguata pianificazione e quartieri meglio realizzati.

Ci sono delle periferie realizzate fino agli anni ’70 composte prevalentemente da villettine, poste a pochi metri dai confini e dalle stradine interne, che una volta ristrutturati, anche al giorno d’oggi, permettono di vivere in case completamente autonome. Va tenuto presente che sarà sui grandi complessi immobiliari pubblici e sulle periferie realizzate fino agli anni settanta-ottanta, composte da edifici di quattro-cinque piani e sulle problematiche sottese, anche di tipo sociale, che il legislatore dovrà presto affrontare e dove conseguentemente si dovrà concentrare il lavoro del pianificatore e degli operatori dell’edilizia per adeguare tali ambiti alle nuove esigenze. Nel frattempo, chi acquista un appartamento in tali zone, difficilmente potrà vederselo rivalutato, se non verranno prima effettuate opere di rigenerazione urbana. I quartieri periferici più recenti, invece, se serviti da strade, scuole, trasporti e servizi, si rivelano spesso efficaci anche in termini di investimento.

Si è assistito negli ultimi decenni a una fuga dalle campagne. Con i trend attuali dell’economia potrebbe essere un buon suggerimento stabilirsi “in mezzo ai campi”?

Non ci saranno grossi “boom” per le campagne. Chi vi si trasferisce è perché o deve occuparsi di attività in esse insediate, o per intraprendere attività agricole oppure per un particolare valore affettivo o scelta di vita. I valori immobiliari di queste case non sono destinati a crescere, anche se, c’è da dire, potrebbe rivelarsi una scelta oculata l’insediamento in zone di campagna o di collina che permettano di raggiungere le città, le zone industriali e direzionali in 15 o 20 minuti.

Da più parti c’è l’invito a occupare nuovamente interi borghi di montagna o in collina completamente abbandonati. Cosa si può fare a riguardo?

È molto importante che le persone tornino ad essere presenti in queste zone, anche per un presidio del territorio, oltre che per intraprendere nuove attività nei campi, nei prati e nei boschi. Vanno quindi studiate e lanciate, partendo dalla peculiarità di ciascuna zona, nuove coltivazioni e nuove attività produttive sia nel settore primario che nelle altre attività artigianali e industriali. In più, bisognerebbe pensare a riutilizzare alcuni edifici esistenti per finalità turistiche, didattiche, lavorando per la nascita di attività come affitta-camere o agriturismi.