Sembrerà banale. Ma il primo requisito di una casa, di ogni casa, è stare in piedi, garantendo la sicurezza di coloro che la abitano. Chi cerca casa non può non tener conto nelle sue valutazioni della staticità, ovvero la capacità di un edificio di resistere ai pesi, al tempo, ma anche alle forti nevicate e ai terremoti. Ma in che modo? Lo chiediamo all’ingegner Tiziano Pizzocchero, esperto di staticità.

È vero che gli edifici di più recente costruzione sono anche i più sicuri?

Vero. Le normative nel nostro Paese hanno chiesto ai costruttori di adottare sempre più accorgimenti per la sicurezza statica. Dal 2003, dopo il terremoto a San Giuliano di Puglia, tutta l’Italia viene considerata zona sismica: questo significa che chi costruisce nuovi edifici deve far sì che siano in grado di sopportare oltre ai carichi stazionari anche azioni dinamiche come i terremoti. Le nuove case e i nuovi palazzi sono strutture più resistenti, con più acciaio nei pilastri e maggiori armature nelle travi di sostegno. Questo non vuol dire che edifici realizzati alcuni decenni fa non siano sicuri: case costruite negli anni ’60 e ’70 hanno sopportato egregiamente i terremoti di tutti questi anni e si sono mantenuti molto bene.

Come valutare se uno stabile è sicuro dal punto di vista statico?

Prima di tutto bisogna controllare che non vi siano lesioni importanti. Alcune lievi cavillature vi sono sempre, sono normali dopo qualche anno: solitamente sono causate dai movimenti del tetto e del solaio dovuti agli sbalzi termici, oppure si verificano dopo qualche tempo nei punti in cui i pilastri si uniscono ai muri. Si tratta di segni antiestetici, come le rughe per una persona, ma che non comportano rischi. Diverse, invece, le lesioni che possono indicare un cedimento nelle fondazioni.

Ma come si può riconoscere una crepa innocua da una che indica un rischio statico?

Le cavillature che non impensieriscono sono orizzontali o verticali e soprattutto sono molto sottili. Le crepe che invece ci devono far preoccupare sono di norma diagonali, hanno qualche millimetro di spessore e si verificano al piano terra. Altro problema di staticità è lo sfondellamento dei solai: ora le norme sono più cogenti, ma in edifici di vecchia costruzione si assiste a volte alla caduta di pezzi di intonaco e di laterizi che possono provocare danni fisici alle persone, oltre che agli arredi. Per “tastare” la tenuta dei solai basta colpirli – sopra e sotto – con un bastone di legno o un manico di scopa e sentire il suono.

Un edificio con problemi di staticità è condannato all’abbattimento?

Assolutamente no. Con le tecniche attuali, salvo in presenza di lesioni profondissime come dopo un terremoto, non c’è nulla di irrimediabile. Si possono fare iniezioni di resina nelle fondamenta, o, se queste risultano insufficienti, è possibile intervenire con scavi laterali, con il getto di cordoli in calcestruzzo per rinsaldare le vecchie strutture. In presenza di situazioni particolarmente difficili bisogna però valutare il rapporto costi/benefici: è opportuno salvare l’edificio o forse conviene abbatterlo e costruirne uno nuovo? In caso di strutture di pregio, come le case nei centri storici o le ville di inizio ‘900, ne vale davvero la pena.

Che consigli darebbe a chi sta cercando casa e punta “all’usato”?

Innanzitutto bisogna considerare l’aspetto economico acquistando una casa in base alle proprie capacità. Bisogna calcolare nel budget anche eventuali ristrutturazioni e i tempi di attesa per eseguirle, chiedendosi, in caso di costi ingenti, se ne valga davvero la pena. Poi, è necessario valutare attentamente le lesioni: suggerisco di effettuare un sopralluogo con un tecnico esperto che individui anche le criticità che sfuggono ai profani. Infine, dato che una casa è un acquisto impegnativo, consiglio di comprare ciò che piace davvero. Altrimenti non ne vale la pena!