Terremoti, anche in Veneto. Coscienti del rischio, senza allarmismi ma ben consapevoli dei possibili effetti sugli edifici.

Prima di comprare casa – nuova o usata che sia – è sempre utile verificare non solo la staticità dell’edificio (ovvero quanto questo, per la sua buona conservazione o in virtù delle tecniche costruttive e i materiali utilizzati, sia capace di reggersi in piedi), ma anche il grado di rischio sismico che può manifestarsi nel territorio in cui ricade.

Questo lo si fa capendo in che zona sismica si trova.

Come ben sapete, infatti, esistono luoghi nel mondo, come la California e il Giappone, dove scosse di terremoto – anche potenti – sono sempre all’ordine del giorno, e vi sono altri posti dove i movimenti tellurici sono di norma così lievi che sono poche le persone in grado di accorgersene.

Prima, però, occorre conoscere la scala Richter.

Il valore che rappresenta, “la magnitudo”, ci aiuta a capire l’intensità di un sisma. Solo per darci un ordine di grandezza, il recente terremoto in Emilia ha avuto come magnitudo massima il 5.8 della scala Richter. Il sisma del Friuli, nel 1976, si è attestato a magnitudo 6.2 della scala Richter, mentre il terremoto dell’Aquila, nel 2009, si è attestato a 6.3. Molto distanti terremoti più potenti, come quello del Giappone nel 2011, che ha riscontrato un valore di 9 punti sulla scala Richter.

La prossima tabella ci mostra invece l’effettiva potenza delle scosse sulla base della loro scala Richter, facendoci vedere quanto tritolo (TNT) bisognerebbe far esplodere per ottenere la stessa potenza di una scossa di terremoto.

A fianco, la frequenza di scosse di questa intensità che avvengono nel mondo. Se ogni giorno vi sono migliaia di scosse impercettibili, mega-terremoti quali quelli del Giappone nel 2011 avvengono invece una volta ogni vent’anni o più. In Italia, invece, terremoti di gravità media si manifestano all’incirca una volta ogni decennio.

Le zone sismiche

Ed ora, eccoci alla parte più pratica di questo approfondimento: le zone sismiche. La normativa italiana ha diviso il nostro paese sulla base quattro zone sismiche. In Zona Uno si manifestano, di norma, scosse più potenti e con una frequenza più alta, viceversa, nella Zona Quattro, le scosse sono di gran lunga più leggere.

Dal punto di vista delle attuali normative, gli edifici realizzati nelle diverse zone devono tener conto di un’accelerazione ipotetica di gravità più alta nelle Zone Uno e Due, e più bassa nelle Zone Tre e Quattro.

Qui il nostro Veneto diviso in zone sismiche:

Come si può vedere, il territorio più al “riparo” dai terremoti è la pianura alluvionale. Maggiori rischi invece tra gli altopiani e nella parte nord-orientale della regione.

Non possiamo – sfortunatamente – prevedere i terremoti. Possiamo solo prepararci ad affrontarli nel modo più giusto. Riguardo a questo, ci dà una grossa mano la statistica, che ci può mettere in guardia sui periodi di ricorrenza di terremoti “importanti”.

Abbiamo preso tre città capoluogo del Veneto appartenenti a 3 diverse zone sismiche: Padova (zona 4), Treviso (zona 3) e Belluno (zona 2) e abbiamo calcolato la ricorrenza di terremoti di intensità analoga a quelli dell’Emilia (Magnitudo 5,8), del Friuli (Magnitudo 6,2) e de L’Aquila (Magnitudo 6,3).

Non devono stupire periodi così bassi tra un terremoto e l’altro in una città come Belluno: il 29 giugno 1873, infatti, una scossa registrò una magnitudo pari a 6,33 sulla scala Richter.

Secondo la normativa, sulla base dei dati statistici delle diverse zone, gli edifici costruiti negli ultimi anni (salvo errori di calcolo o di carenza normativa, come per i capannoni dell’Emilia) devono poter reggere un ipotetico sisma con solo il 5% di possibilità di essere raggiunto o superato da altre scosse nell’arco della sua vita. Considerando che le strutture portanti di una casa non dovrebbero necessitare di interventi di manutenzioni nei primi 50 anni, si può dedurre che terremoti in grado di danneggiarle seriamente, salvaguardando comunque l’incolumità degli occupanti, potranno verificarsi una volta ogni 475 anni.

Secondo i massimi esperti del settore, riunitisi di recente all’Università di Padova, il «Veneto deve recuperare un deficit di protezione». A rischio soprattutto gli edifici pubblici: il 50% ha bisogno di interventi. C’è da sottolineare, in questo caso, la fortissima disparità di norme tra il “vecchio” e il “nuovo”. Se infatti, in una determinata zona sismica, un terremoto che secondo le normative dovrebbe essere tollerato provoca danni a cose o persone abbattendosi su un edificio di vecchia costruzione, la responsabilità, in questo caso, dovrebbe essere attribuita non tanto al sisma in sé ma a chi non ha ritenuto di adeguare lo stabile alle attuali tecnologie di protezione.

L’esperto Mariano Carraro, direttore del Dipartimento Lavori Pubblici della Regione Veneto, ha ricordato come in Italia si verifichi un terremoto grave ogni 10 o 11 anni e uno di media gravità, ma con notevoli danni e persino vittime, ogni 4 o 5 anni.

Un paese moderno, in questo campo, dovrebbe avere come punti di riferimento il Giappone o la California, dove gli edifici resistono senza problemi a terremoti di ottavo e nono grado della scala Richter.